Iniziamo con le presentazioni: chi sei?

Mi chiamo Umberto, sono nato a Palermo e conseguita la laurea magistrale in Psicologia Clinica (curriculum Neuropsicologia) proseguo la mia formazione presso il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell’Università degli Studi di Palermo.

Attesa e sorpresa sono legate dalla voglia di guardare al domani, di andare avanti.

Raccontaci: com’è nata la tua passione per la scrittura? Hai dei rituali di scrittura?

Da sempre lettore affamato in ambito psicologico, trovo nell’occasione della pandemia da Covid un’opportunità introspettiva e di contatto con me stesso che ho voluto condividere, mettendo a disposizione le parole che hanno dato significato a ciò che ho provato. Ero solo, isolato, e in questo modo avrei raggiunto le altre isole vicine e man mano anche quelle più distanti. Inizialmente vedevo troppo lontana l’ipotesi di una pubblicazione, ma grazie al sostegno dei miei cari, di chi più ha creduto in me, questa è stata un’avventura incosciente verso la letteratura. 
Per quanto l’unico rimedio al mal di testa fosse dormire, la notte è stata il mio momento preferito per dedicarmi alla scrittura. Ho ritrovato, nel silenzio e nelle tenebre, la concentrazione e l’ispirazione giusta per lasciare traccia di quanto provavo e pensavo durante il giorno. In un grigio pomeriggio autunnale ricevetti in dono un dipinto. Capii che le distanze non esistono quando si vuol comunicare con amore. Le emozioni costituiscono il nostro carburante psichico, connotando ogni manifestazione interna ed esterna del nostro essere. 

Quando non conosciamo qualcuno, qualcosa, che invade il nostro quotidiano, il nostro pensare ed il nostro agire, la strada regia che percorriamo è propria questa. È rassicurante pensare di controllare l’incontrollabile.

Dove nasce l’ispirazione? C’è un significato specifico tra le righe di PSICOPANDEMIANO? Cosa vuoi trasmettere con il tuo saggio?

Uno dei concetti che più mi appassiona è quello di “intelligenza emotiva”, in grado di accostare il mondo emotivo-affettivo alla cognizione, evidenziandone i vantaggi psichici e ribaltando la formula cartesiana del “cogito ergo sum”. A tale conclusione, del resto, giunge anche Antonio Damasio che, attraverso la sua “ipotesi del marcatore somatico”, afferma che l’attivazione viscerale, neuro-biologica, nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione, guida la nostra scelta, e che di ciò possiamo esserne consapevoli come inconsapevoli. Tali costrutti, che ho avuto la possibilità di approfondire nella mia carriera da studente universitario, mi hanno fornito l’ispirazione per la scrittura del mio testo. Più scrivevo, più mi chiedevo di cosa stessi scrivendo: scrivevo sulla pandemia? Scrivevo sulle emozioni? Scrivevo sui miei pensieri? Avvertivo l’esigenza di cercare e trovare un termine che racchiudesse tutte le mie intenzioni e che potesse attirare l’attenzione del lettore. Ho raggiunto questo mio obiettivo con “Psicopandemiano”: un aggettivo che, a mio modo di vedere, connota non solo quanto presente nel testo ma anche ogni evento di cui siamo protagonisti tutt’oggi.
“Evento” è un altro concetto chiave. Etimologicamente, condivide con il termine “emozione” la particella “ex-” e dei verbi di movimento, indicando in entrambi i casi qualcosa che “viene fuori, si muove da”. Ho definito “psicopandemiano” un diario proprio perché tutte le riflessioni contenute nel testo “si muovono, vengono fuori” dai principali eventi di cronaca che hanno segnato tutto il 2020. Nel “muoversi da” non hanno che portato con sé un vissuto emotivo che ha segnato il nostro modo di significare l’esperienza vissuta. Dunque, una psiche in pandemia è un’esplosione di emozioni. Psicopandemiano è un tentativo di condivisione affinché da questa esplosione di colori si possa ottenere la possibilità di ridipingere i nostri vissuti. Psicopandemiano è una riflessione, in chiave psicologica, di un vissuto così totalizzante. Nel poter condividere tale vissuto con i lettori, spero che quest’ultimi possano trarne soprattutto ispirazione affinché ogni soggettivo stato emotivo possa trovare la strada per far “venir fuori” da ogni individuo la propria esperienza. Questo è l’obiettivo vero del testo: condividere e stimolare una soggettivazione emotiva di quanto esperito.

“Il processo di denominazione consente la condivisione. D’altronde il linguaggio è un sistema convenzionale, basato sull’accordo tra individui rispetto a come definire e caratterizzare una determinata cosa. Due necessità vengono unite: definire e condividere. Possiamo dire, quindi, che aver trovato un nome alla malattia ha permesso di definirla, nelle sue caratteristiche clinico-diagnostiche ed epidemiologiche, e di condividerla. Condividerla non più solo nel suo aspetto di rapida diffusione, ma anche trovandole uno spazio mentale comune nelle nostre esistenze, nelle nostre realtà.”

Trama:
“Questo è il viaggio emotivo di una psiche che perde il senso dell’orientamento, vaga incessante alla ricerca di significato e finisce nel trovarlo nel fiato sospeso che la mente può tradurre dal corpo nei caratteri delle emozioni. A partire dal groviglio caotico di sensazioni che attanagliano la mente, l’autore perviene e ci trasporta sino alla presa di consapevolezza, all’assegnazione di significato e all’elaborazione emotiva. Rimette insieme i pezzi e dei cocci fa un mosaico. L’esperienza 𝔭𝔰𝔦𝔠𝔬𝔭𝔞𝔫𝔡𝔢𝔪𝔦𝔞𝔫𝔞 del virus, vissuta in prima persona e come parte della collettività, è narrata a sé e al lettore perché se ne possa far tesoro.”
Una psiche in pandemia è un’esplosione di emozioni. #Psicopandemiano è un tentativo di condivisione affinché da questa esplosione di colori si possa ottenere la possibilità di ridipingere i nostri vissuti. #Psicopandemiano è una riflessione, in chiave psicologica, di un vissuto così totalizzante.

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