di V.E. Schwab, edito Mondadori – Oscarvault

“Dopotutto, quasi ogni conflitto non è l’opera di un istante. Si alimenta per giorni o settimane, mentre i fronti opposti fanno incetta di legna e schizzano le rispettive fiamme.”

In ritardo, ma arrivo anche io!

Finalmente ho colto l’occasione per leggere  La Vita Invisibile di Addie LaRue. 

Non l’ho fatto prima per diversi motivi, tra cui il fatto che avevo sentito diversi pareri negativi: dicevano infatti che la lettura fosse lenta e a tratti ripetitiva.

Dal mio punto di vista posso dirvi che, per me, questo libro non ha raggiunto le cinque stelle perché, in effetti, la narrazione non è molto scorrevole poiché spesso si tratta di una sorta di monologo della protagonista ma vale la pena leggerlo!

Trama:
Era il 1714 quando Addie, spaventata dalla prospettiva di un matrimonio e terrorizzata dall’idea di perdere la sua libertà, invoca gli dei dopo il tramonto. Così, incontra uno sconosciuto e con lui fa un patto: vuole l’immortalità e la libertà fino a quando non ne sarà stanca. Purtroppo non sa che le parole hanno un peso, soprattutto quando si esprimono desideri e stringono accordi, ed è così che si sta condannando a una eternità di solitudine. Gli anni passano, non invecchia ma viene continuamente dimenticata non appena una porta si chiude. Tuttavia, i trecento anni trascorsi non l’hanno mai scalfita, anzi ha continuato a combattere e a cercare di lasciare il segno in un mondo dove lei è invisibile. Fino a quando però incontra, in una libreria, qualcuno che si ricorda di lei.

Leggere questo libro è stato come fare un viaggio, partendo da Villon- Sur – Sarthe fino a giungere, 300 anni dopo, a New York. Sebbene molto spesso la solitudine della protagonista sia così forte da far sentire il lettore quasi in pena, mosso dal desiderio di farle compagnia, devo ammettere che questa storia è davvero originale.  L’autrice è stata capace di dare sfumature e contorni a un personaggio che, di fatto, dovrebbe essere l’emblema della trasparenza. Il contrasto tra l’essere e il non essere è percepibile in questo romanzo e Addie é la natura stessa della via di mezzo che intercorre tra l’esistenza e la morte.

Una storia a tratti dolorosa, attratti ammaliante e dolce. Non mi sono annoiata durante la lettura, se non fosse per quelle parti un po’ più lente di narrazione di eventi, in alcuni casi un po’ ripetitive. 

Sicuramente non mi aspettavo il finale che, sebbene possa sembrare quasi lasciato a metà, in realtà è un lieto fine. 

Addie ha vagato per 300 anni sulla terra, cercando appiglio negli occhi delle persone e cercando di lasciare un segno attraverso l’arte e la musica. Se ci pensate un attimo, quale modo esiste in questo mondo per essere ricordato in eterno? Non è forse l’arte o la musica a viaggiare nel tempo ed essere immortale? Addie non è più umana, lascia sulla terra tracce tali da poter essere rievocate e rimirate nel tempo, fino a quando qualcuno non le dice: io mi ricordo. E credo, che a questo punto, me ne ricorderò anch’io di Addie e sapete perché? Mi hai insegnato che forse, una vita è anche abbastanza, ma bisogna saperla vivere. Mi ha insegnato che non vale la pena di stare in eterno sulla terra, senza provare la gioia del svegliarsi la mattina con qualcuno e sorseggiare un caffè! O ancora, mi ha trasmesso  l’importanza di conservare i propri pensieri o piccoli cimeli che non sono altro che ricordi. Mi ha ricordato che è importante lasciare un segno ma, forse, basterebbe soltanto sapere di esistere per qualcuno. 
(Fanart da Pinterest)